Ricorso  per   il   Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri,
 rappresentato  dall'avvocatura  generale  dello  Stato  nei confronti
 della regione  Sardegna,  in  persona  del  presidente  della  giunta
 regionale  in carica, avverso la delibera legislativa riapprovata dal
 consiglio regionale il 26 aprile 1994, comunicata  al  rappresentante
 del  Governo  il  30  aprile  1994,  e  riguardante  "nuove norme sul
 controllo degli atti degli enti locali".
    Con  telegramma  8  aprile 1994 il Governo ha rinviato la delibera
 legislativa 2 marzo 1994, poi  riapprovata  con  adeguamento  di  una
 disposizione ai rilievi formulati.
    L'art.  46  dello  statuto  speciale  per  la  regione  Sardegna -
 articolo espressamente richiamato nell'art.  1,  primo  comma,  della
 delibera  legislativa  in esame - dispone che il controllo sugli atti
 degli enti locali e' esercitato da organi della regione  nei  modi  e
 nei  limiti  stabiliti  con  legge regionale "in armonia coi principi
 delle leggi dello Stato". Questa disposizione  statutaria  e'  a  se'
 stante,  e  disciplina  compiutamente  il  rapporto  tra legislazione
 statale  recante  "principi",  e  quindi  "limiti",  e   legislazione
 regionale, in tema di controllo sugli atti degli enti locali.
    L'art.  1,  secondo  comma,  della  legge  8  giugno 1990, n. 142,
 precisa che le disposizioni contenute nella legge stessa si applicano
 a ciascuna regione a statuto speciale purche' non  incompatibili  con
 le norme statutarie e di attuazione. Nella specie, non sussiste alcun
 profilo  di incompatibilita' tra tali norme e gli artt. 42 e 44 della
 citata legge n. 142/1990. Il legislatore regionale sardo, per  quanto
 concerne   "l'elezione   a  maggioranza  qualificata"  ad  opera  del
 consiglio regionale dei componenti  dei  comitati  di  controllo,  e'
 dunque tenuto ad "armonizzare" (cosi' Corte costituzionale, 30 luglio
 1993, n. 360) la propria legislazione ai menzionati artt. 42 e 44.
    L'art.  4  della delibera legislativa in esame prevede che tre dei
 sette componenti di cui  al  primo  comma  -  e  precisamente  quelli
 indicati  con le lettere c), d) ed e) - ed i componenti "integratori"
 di cui al secondo comma siano di regola sorteggiati  "nell'ambito  di
 un elenco di almeno tre nomi", anziche' esser "eletti" o "scelti" dal
 consiglio  regionale.  Questo  potrebbe  procedere  ad  elezione  dei
 componenti in questione solo eccezionalmente qualora le  designazioni
 (ossia gli elenchi che le contengono) non pervengano tempestivamente,
 ovvero - deve ritenersi - siano non regolari (ad esempio, perche' non
 corredate  da rituali "dichiarazioni di disponibilita'", o espresse e
 corredate in numero inferiore a tre).
    In tal modo, pero', la responsabilita' anzitutto politica  per  la
 concreta  selezione  ed individuazione dei componenti di che trattasi
 sarebbe  sottratta  all'organo  consiglio  regionale,  con  indiretto
 accrescimento  dell'importanza  delle  indicazioni fatte dagli ordini
 professionali (e  dal  presidente  della  giunta  regionale  per  gli
 elenchi  di  cui  all'art.  6).  Comunque, l'art. 4 della delibera in
 esame, nonche' le  connesse  disposizioni  contenute  nei  successivi
 articoli  della  stessa delibera (quali gli artt. 5, quarto comma, 6,
 quinto comma,  7  e  8,  primo  e  secondo  comma,  etc.),  non  sono
 "armonizzate"  con gli artt. 42 e 44 della citata legge n. 142/1990 e
 contrastano con l'art. 46 dello statuto speciale.